“La Srl non può essere dichiarata fallita solo perché i bilanci non sono depositati alla camera di commercio. La mancanza potrà rilevare solo come eventuale indizio di una non particolare attendibilità delle scritture contabili presentate. Nessuna norma prevede, infatti, che la dimostrazione dei requisiti per evitare il default debba essere effettuata mediante presentazione di documentazione depositata nel registro delle imprese.”
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4245, pubblicata il 13 febbraio 2019, si è nuovamente pronunciata sul tema relativo alla prova del mancato superamento delle soglie di non fallibilità.
Nel caso di specie, una società (una S.r.l.), proponeva reclamo ex art. 18 L.F. alla Corte d’Appello nei confronti della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata dal Tribunale di primo grado. La Cassazione ha ritenuto che non può essere condiviso l’orientamento della Corte territoriale secondo il quale, ai fini della verifica dei requisiti di non fallibilità “sarebbero utilizzabili unicamente i bilanci depositati presso il registro delle imprese”.
I bilanci degli ultimi tre esercizi costituiscono la base documentale imprescindibile, ma non anche una prova legale, sicché, ove ritenuti motivatamente inattendibili dal giudice, l’imprenditore rimane onerato della prova circa la ricorrenza dei requisiti della non fallibilità (Sez. 1, Sentenza n. 24548 del 2016). Infatti il giudice di merito non può ritenere senz’altro inattendibili i bilanci, solo perché non risultano essere stati depositati presso il registro delle imprese: ad avviso della Prima Sezione, “il mancato deposito dei bilanci potrà semmai rilevare come indizio di una non particolare attendibilità dei bilanci presentati in quanto frutto espresso di un certo indice di disordine organizzativo dell’imprese che pure li viene a produrre”. Derivandone che “il giudice potrà non tener conto dei bilanci prodotti, rimanendo l’imprenditore diversamente onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità” (cfr. in proposito anche Cassazione 23 novembre 2018 n. 30516).
Orbene, laddove il giudice ritenga i bilanci inattendibili, l’imprenditore dovrà provare la sussistenza dei requisiti mediante diversi documenti, altrettanto significativi, quali, i conti di mastro, le situazioni contabili di fine anno, i partitari clienti e fornitori, il libro giornale, i registri iva, e le dichiarazioni fiscali, tutti da valutarsi tenendo conto dell’assenza di circostanze di fatto che ne mettano in dubbio l’attendibilità e dell’assenza di altri elementi di giudizio eventualmente contrastanti con le risultanze di tale documentazione (cfr. Cass. civ, Sez I, 18 giugno 2018, n. 16067; Cass. civ, Sez I, 23 novembre 2018, n.30516).
Nel caso in cui non sia ancora scaduto il termine ordinario per l’approvazione del bilancio (120 giorni dalla chiusura dell’esercizio) alcuni uffici giudiziari consentono la produzione del progetto di bilancio o di una situazione contabile provvisoria. Nonostante ciò, la giurisprudenza di legittimità non ammette che l’imprenditore possa invocare la facoltà del maggior termine dei 180 giorni previsto ai sensi dell’art. 2364 c.c. (Cass. N. 25167/2016).
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